Perché l’esperimento di voto elettronico in Lombardia è fallito
Il voto elettronico
in Lombardia per il referendum del 22 ottobre 2017 è sostanzialmente fallito perché
è stato un semi-voto elettronico.
La procedura di riconoscimento dell’elettore non è avvenuta in modo elettronico. Le “voting machine”, chiamate impropriamente tablet, non sono state connesse a un sistema centrale e pertanto, al termine delle operazioni di voto, è stato necessario l’intervento umano, con rimozione e consegna delle memorie USB in busta chiusa, e successiva, tardiva, elaborazione dei dati. Vanificando pertanto uno dei punti di forza del voto elettronico stesso, che è quello di poter avere i risultati definitivi poco tempo dopo la conclusione delle votazioni.
La procedura di riconoscimento dell’elettore non è avvenuta in modo elettronico. Le “voting machine”, chiamate impropriamente tablet, non sono state connesse a un sistema centrale e pertanto, al termine delle operazioni di voto, è stato necessario l’intervento umano, con rimozione e consegna delle memorie USB in busta chiusa, e successiva, tardiva, elaborazione dei dati. Vanificando pertanto uno dei punti di forza del voto elettronico stesso, che è quello di poter avere i risultati definitivi poco tempo dopo la conclusione delle votazioni.
A questo punto
a qualcuno potrà venire il sospetto che il maldestro esperimento in Lombardia sia
stato messo in atto per screditare il voto elettronico, piuttosto che
promuoverlo, per creare un pregiudizio e un’avversione nei confronti dell’innovazione
tecnologica, e per continuare in futuro, gattopardescamente parlando, a fare
come si è sempre fatto. Ovvero, far finta di cambiare per non cambiare niente.
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