Maria, la ragazza del Monte Bianco
Sulla vetta del Petit Tournalin Maria, in alto a destra, racconta la sua storia |
Ai primi di
luglio di quest’anno una coppia italiana ha deciso di sposarsi in alta quota, ai 4.556 metri della Capanna Margherita sul massiccio del Monte Rosa. La notizia è stata diffusa dai media non tanto per
la notorietà degli sposi, quanto piuttosto per la location insolita scelta per
il matrimonio.
Appurato che
il matrimonio più elevato in Italia si è celebrato a 4.556 metri, cosa
risponderemmo invece se ci chiedessimo a
che altezza massima si sono conosciute due persone poi convolate a nozze? Prima
di domenica scorsa, 15 luglio, non avrei saputo rispondere a questa domanda.
Fino a quando il caso ha voluto che incontrassi personalmente Maria.
Fino a quando il caso ha voluto che incontrassi personalmente Maria.
Lo scorso weekend, 14-15 luglio, ho partecipato a un’escursione in montagna, insieme a mia figlia Livia, mio fratello Pier Paolo, sua moglie Francesca, i loro figli Stefano e Alessandra e mio nipote Daniele, neo diplomato. Abbiamo lasciato le auto a Mandriou, frazione di Ayas, il 14 mattina e ci siamo incamminati verso il rifugio Gran Tournalin che si trova a 2.600 metri di quota, lungo la catena di montagne che separa la Val d’Ayas e la Valtournenche.
La mattina
seguente, poco prima delle 7, in compagnia di mio fratello, Stefano e Daniele,
siamo partiti per raggiungere la vetta del Petit
Tournalin, a 3.200 metri. Subito
dietro di noi è partito un folto gruppo di escursioniste, tutte appartenenti alla
sottosezione del Cai di Borgo San
Dalmazzo, Comune in provincia di Cuneo, riunite per la loro escursione “rosa”
che organizzano annualmente.
In quel momento il cielo era azzurro, terso.
In quel momento il cielo era azzurro, terso.
Il primo tratto della salita non è particolarmente difficile e segue, fino al Col di Nanaz a 2.772 m, l’Alta Via delle Alpi n.1. Poco prima del colle si svolta e inizia il tratto più impegnativo, ripido, caratterizzato da pietraia. Alcune delle escursioniste alle nostre spalle ci raggiungono e ci superano.
Dopo circa due
ore e mezza siamo tutti in vetta. E in pochi minuti lassù a 3.200 metri ci sono
più di 20 persone a fare foto panoramiche o
a lasciare un ricordo. Una delle escursioniste estrae dallo zaino una piccola
cornice con un’immagine della Madonna, appartenuta a sua madre scomparsa lo
scorso anno. È sua intenzione lasciarla lì. Mio nipote Daniele fissa una bandiera
bianca con scritto “15/7/2018 Fam. Metta Achilli”.
Arriva il
momento della foto di gruppo e scherzosamente mi rivolgo al pubblico femminile dicendo: «alzi la mano chi è single!».
Subito dopo una di loro interviene dicendo: «Io ho detto “sei libero?”, sul
Monte Bianco, a un uomo che poi sarebbe diventato mio marito».
A quel punto scatta in me irrefrenabile
l’istinto giornalistico di approfondire la notizia, che trovo alquanto interessante,
e stimolo il racconto con qualche domanda. La ragazza, di cui al momento non
conosco ancora il nome, racconta che si trovava a metà degli anni novanta in
compagnia di altri ragazzi a scalare il Monte Bianco. Tutti e tre i suoi
compagni di cordata però erano “scoppiati” (usa proprio questo termine) e la
spedizione rischiava di fallire. A un certo punto un altro alpinista da solo li
supera. Lei prende la decisione di proseguire seguendo lo sconosciuto.
Arrivati in
vetta i due ragazzi quasi non riescono a vedersi in faccia quanto sono coperti
per proteggersi dal vento. Lei chiede se per la discesa possono legarsi insieme. Lui risponde che ha lasciato la corda ai suoi compagni, anche loro “scoppiati”
lungo l’ascesa. Durante la discesa, fanno amicizia, lei gli chiede “Sei libero?”,
si scambiano il telefono. Un anno dopo si sposano e oggi hanno due figli.
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