Ciaone al limite di 1,5 °C
Secondo The Economist di questa settimana il riscaldamento globale non può essere limitato a 1,5 °C
Se avete in mente di fare una vacanza alle isole Marshall dovreste organizzarvi in fretta. Se temporeggiate troppo correreste il rischio di non vederle affatto.
Alla conferenza sul clima di Parigi nel 2015 l'attuale ministro degli esteri dello Stato insulare dell'Oceania, con capitale Majuro, ebbe modo di convincere i grandi della Terra che non rispettare l'obiettivo di aumento della temperatura di 1,5 °C rispetto all'epoca preindustriale sarebbe stato come firmare la condanna a morte per il suo Paese.
A sette anni da quell'evento e a pochi giorni dalla conferenza sul Clima in Egitto, leggiamo ironicamente sulle pagine del settimanale The Economist, che nessuno si è ricordato di avvisare il plotone di esecuzione, ovvero che gli stessi Paesi che hanno firmato l'accordo di Parigi non hanno ridotto le loro emissioni a sufficienza per raggiungere gli ambiziosi obiettivi climatici. Le emissioni sono infatti aumentate e la temperatura è già di 1,2 °C superiore a quella dell'epoca preindustriale.
È l'ora del realismo, ovvero di prendere conscienza dell'obiettivo mancato e che anche l'ipotesi di non superare di troppo quel livello sta diventanto sempre meno probabile.
Agli uomini tutti e ai loro decisori politici non resta che proseguire sulla strada della mitigazione e dell'adattamento.
Che tradotto in termini pratici significa investire il più possibile risorse per ridurre le emissioni globali di gas climalteranti di origne androgena (mitigazione) e prepararsi ad attutire gli effetti dei cambiamenti climatici sulle nostre società e comunità. Quindi formazione, prevenzione, protezione civile, ecc. (adattamento). Non ci sono altre strade e questa potrebbe comunque essere cieca.
La pandemia da Covid ha messo a dura prova la nostra capacità di ripresa e resilienza. Ora non vi è più alcun dubbio. La crisi climatica metterà a dura prova la nostra capacità di sopravvivenza.
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