La gatta morta sul tetto che scotta

 


Perché il rebus del tetto del gas non può ancora essere sciolto

 

Sul tetto al prezzo del gas e del petrolio l’Europa prende tempo. Probabilmente tutto rimandato ad ottobre a meno di colpi di scena nella riunione dei ministri dell’energia prevista per oggi a Bruxelles. 

Eppure non sono passati nemmeno tre giorni dal patto bilaterale sottoscritto tra Parigi e Berlino, nel quale i due Paesi si sono garantiti “solidarietà energetica”. Perché non si fa lo stesso tra tutti i Paesi Ue o quelli dell’area euro? 

Le parole minacciose di Putin in qualche modo pesano. Non siamo ancora pronti a rinunciare alle forniture di gas e petrolio russo, questo in pratica vorrebbe dire imporre un price cap, quindi l’opzione migliore è quella di prendere tempo. 

Intanto si riempiono il più possibile le riserve. A prezzi ancora decisamente alti, quanto meno se confrontati a quelli di un anno fa.

Tutto ciò come sappiamo fa correre l’inflazione, aumenta il rischio recessione per l’Europa nel 2023, e fa aumentare le proteste di coloro che in questo momento stanno subendo gli aumenti. In sostanza gli utilizzatori finali, la maggior parte dei quali non aveva firmato contratti a costi fissi per un determinato periodo, o che non stanno utilizzando energia auto-prodotta da fonti rinnovabili. La strada che sta seguendo il governo italiano, nei limiti degli “affari correnti” è quella degli aiuti spot, con l’ok preventivo del Parlamento naturalmente. E sempre in attesa dell’esito delle elezioni del 25 settembre. 

In definitiva il rebus del tetto del gas non può ancora essere sciolto. Un po’ anche perché mancano alcuni elementi della cornice entro cui dovrebbe muoversi: ovvero da un lato l’allargamento del cosiddetto Temporary Framework (tradotto autorizzazione per nuovi aiuti di Stato a cui la Commissione Ue sta pensando) e dall’altro la partita sul nuovo Patto di Stabilità, che doveva essere giocata quest’anno ma che Putin ha rimandato all’anno prossimo.

 

 

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