I Promessi Sposi secondo Umberto Eco. “La Provvidenza è una forza terribile", ma…
Umberto Eco, in un racconto per ragazzi, ha affrontato la morale del romanzo di Alessandro Manzoni
Questa settimana ho dedicato due serate di tempo libero
ad Alessandro Manzoni, nell’anno in cui ricorrono i 150 anni dalla sua morte.
A Busto Garolfo ho partecipato all’evento “Ri-scoprire i Promessi Sposi oggi: per un’arte della critica e del vero” a cura di Gianni Vacchelli, scrittore, artista e docente e organizzato dall’Università del Tempo Libero in collaborazione con CSBNO (Consorzio Sistema Bibliotecario Nord Ovest).
A Canegrate, il reading “Alessandro Manzoni, chi era costui?” a cura della Cultura dei Sogni con il patrocinio del Comune di Canegrate.
Entrambi gli eventi sono stati interessanti e hanno suscitato spunti di riflessione e approfondimento.
Ho inoltre apprezzato il discorso del Presidente Mattarella a Casa Manzoni, disponibile sul sito del Quirinale.
Infine, ieri sera, prima di coricarmi, ho letto “La storia de I Promessi Sposi” scritta da Umberto Eco nel 2012 per la collana della Scuola Holden, pubblicata dal Gruppo Editoriale L’Espresso e indirizzata a un pubblico giovanile.
“Molti pensano che i Promessi Sposi sia un romanzo noioso – scrive Eco in fondo al volumetto – perché sono stati obbligati a leggerlo a scuola verso i quattordici anni e tutte le cose che facciamo perché siamo obbligati sono delle gran rotture di scatole. Se avrete la fortuna di non doverlo studiare quando sarete grandi provate a leggerlo per vostro conto. Ne vale la pena”.
Dopo aver raccontato la storia ai ragazzi, lo scrittore affronta il tema della morale: “Qual’è il sugo della storia? Perché il signor Alessandro ha voluto raccontarci questa vicenda?”
“Il signor Alessandro sembra amare molto i poveretti, ma certo non sa proprio come aiutarli a far valere i loro diritti. E siccome era un cristiano assai fervente, tutti hanno detto che la sua morale era che bisogna rassegnarsi e sperare solo nella Provvidenza. E infatti alla fine la Provvidenza arriva. Ma con le vesti della Peste. La Peste è come una scopa, che spazza via tutto lo sporco”. Ed elenca i vari passaggi conclusivi del romanzo.
“Insomma, tutto finisce bene, ma a quale prezzo! Questa Peste-Provvidenza fa morire due terzi dei milanesi. [..] E se Renzo e Lucia dovessero ringraziare la Peste per averli aiutati, dovrebbero ammettere che la Provvidenza è una forza terribile, che non guarda in faccia a nessuno, e talora sbatte buoni e cattivi tutti nella stessa fossa”.
“Io non credo che il Signor Alessandro pensasse a una Provvidenza feroce, ma certo non era un ottimista. Alla Provvidenza lui credeva ma sapeva che la vita è dura e crudele, e la Provvidenza può consolare o procurare grande affanno. E siccome non può accontentare tutti, fa quello che fa secondo piani che noi non riusciamo mai a capire”.
In definitiva, conclude Eco, “raccomandandoci di aver fiducia nella Provvidenza il signor Alessandro si è limitato a incoraggiarci a voler bene agli indifesi, e a fare come i buoni che nella sua storia li hanno aiutati. Vedete, par che ci dica, anche se il mondo non è bello, e io non vi ho nascosto nessuna delle sue brutture, drammi, dolore e morte, se la gente riesce ad avere un po’ di compassione dei propri simili, questo mondo apparirà un pochino, anche se solo un pochino, meno brutto”.
“La storia de I Promessi Sposi” di Umberto Eco termina con questa frase: “Il Signor Alessandro aveva la faccia buona di un cavallo triste”.
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