Divieto bici nella ZTL: Franco Metta ha risolto i suoi dubbi
VIA omissis
20025 LEGNANO MI
Telefono omissis
Gentile Avvocato omissis,
ho risolto, da
solo, i miei dubbi facendo ricorso un
po’ alla logica e Le comunico che non ho più l’esigenza del Suo preventivo per
il parere legale.
Provo a
riassumere la questione. Tutto parte dal testo del codice della strada (art. 182
comma 2) che stabilisce che i ciclisti
devono condurre il veicolo a mano quando, per le condizioni della circolazione,
siano di intralcio o di pericolo per i pedoni. In tal caso sono assimilati ai
pedoni e devono usare la comune diligenza e la comune prudenza.
Per prima cosa ho separato i due
periodi.
a) i ciclisti devono condurre il veicolo
a mano quando, per le condizioni della circolazione, siano di intralcio o di
pericolo per i pedoni;
b) In tal caso sono assimilati ai pedoni
e devono usare la comune diligenza e la comune prudenza.
La seconda frase è una conseguenza della
prima, quindi è subordinata ad essa.
Analizziamo per prima cosa il punto a)
da solo.
Quando, per via delle condizioni della
circolazione, i ciclisti sono di intralcio o di pericolo per i pedoni, essi
devono condurre il veicolo a piedi.
Il concetto espresso è chiaro. Non è invece così
immediato capire chi deve stabilire “quando” i ciclisti sono di intralcio o di
pericolo per i pedoni. Facciamo finta per un attimo di non sapere
dell’esistenza della seconda frase b).
A questo punto la risposta più ovvia è: un’autorità,
perché se la decisione spettasse ai singoli ciclisti ognuno potrebbe avere
sensazioni di pericolo diverse e ciò porterebbe a una disomogeneità di
comportamenti. Quindi l’autorità stabilisce che i ciclisti sono di intralcio o di pericolo
per i pedoni e impartisce l’obbligo di condurre il veicolo a piedi.
Passiamo ora ad analizzare il punto b)
In tal caso sono assimilati ai pedoni
e devono usare la comune diligenza e la comune prudenza.
Scesi dalla bici i ciclisti diventano di fatto
dei pedoni. A questo punto, dovendo spingere con sé la bicicletta, devono usare
la comune diligenza e la comune prudenza. Qui subentra il ruolo “attivo”
del pedone-ciclista che dopo aver “obbedito”, scendendo dalla bicicletta, deve
comunque continuare a fare attenzione nel muoversi in mezzo agli altri pedoni.
Conclusione:
Il diritto all’autodeterminazione
dell’individuo è salvo, perché non
è applicabile al punto a) ma solo al punto b). Pertanto, a differenza di quanto
in buona fede pensavo ieri, l’ordinanza 387 del 3.11.2017 del Comune di Legnano non lede questo diritto.
L’ultimo dubbio superfluo
Resterebbe
un ultimo dubbio dovuto al fatto che le condizioni della circolazione sono variabili nell’arco della giornata, della settimana,
dei mesi.
L’ordinanza,
in via sperimentale, ha stabilito
che i ciclisti costituiscono un
intralcio e un pericolo per i pedoni dal 1 dicembre 2017 al 15 gennaio 2018, 24
ore su 24 ore.
È evidente che l’intervallo orario
scelto (24 h su 24 h) è piuttosto penalizzante per i ciclisti e sarebbe
facilmente dimostrabile che vi sono orari della giornata in cui ci sono pochi
pedoni e il transito di ciclisti non può verosimilmente
costituire un intralcio e un pericolo.
Quindi, sotto questo aspetto, si potrebbe
ancora ravvisare una formulazione dell’ordinanza “eccessiva”, “esagerata”, e probabilmente
in contrasto con quanto dettato dal codice della strada.
Tuttavia un’eventuale ricorso al Tar
potrebbe portare solo alla revisione degli orari di divieto, e considerando che
si tratta di una fase temporanea e sperimentale, non avrebbe sostanzialmente senso
procedere in tal senso.
Cordiali saluti
Franco
Metta
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