Meglio il reddito di cittadinanza o un lavoro senza diritti?
Domenica
pomeriggio discutevo con mia sorella subito dopo il discorso di
Matteo Renzi, a conclusione della Leopolda.
«Certamente non la "manda a dire". – dicevo – Speriamo che nel
congresso del PD, lui e tutti gli altri facciano un po' di autocritica su ciò che hanno fatto per contrastare la precarietà nel mondo del lavoro. Che
non vuol dire etichettare un contratto "a tempo indeterminato",
quando di indeterminato non ha nulla! Ridateci lo Statuto dei lavoratori! Poi
forse arriveranno i voti».
La discussione
poi è proseguita, fino ad arrivare alla mia affermazione che «a chi sta al governo adesso frega men che meno dei lavoratori».
Perché penso
questo? Spiegarlo su facebook, patria delle battute e delle frasi fatte,
sarebbe troppo lungo, macchinoso e certamente poco incisivo.
Occorre fare
un balzo indietro nella storia, all’Italia
del dopoguerra, ben descritta nell’immaginario collettivo dal cinema neorealista. Opere
come Roma, città aperta, Ladri di biciclette e Riso amaro, permettono
ancora oggi di calarsi in quella realtà. Una denuncia del disagio sociale che tutto
sommato descriveva l’Italia come un Paese povero e desolato. Un'immagine che non
piaceva a una certa classe politica. Il genere si esaurì attorno alla metà
degli anni ’50. Nei primi anni ’60 Pier Paolo Pasolini (memorabile il suo Accattone) ne fu influenzato, tuttavia
con il boom economico che si stava
concretizzando, i suoi film dal contenuto neorealista furono praticamente declassati
a mera rappresentazione spettacolare e documentaria. E sul finire di quel
periodo d’oro, vissuto appieno dai miei genitori, arrivò un'importante
conquista, quasi un riconoscimento, per coloro che con il loro lavoro avevano
contribuito alla rinascita del Paese: lo Statuto
dei Lavoratori.
Oggi, in
Italia, senza che forse ce ne siamo ancora accorti, stiamo vivendo un altro periodo neorealista. La povertà è
aumentata. Negli ultimi 10 anni è raddoppiata secondo i dati Istat. La
disoccupazione, soprattutto giovanile, non accenna a diminuire. E inoltre, sono
peggiorate le condizioni di lavoro. La crisi del 2008, originata da un sistema
finanziario sregolato e senza freni, è ricaduta completamente sulle fasce più
deboli.
E così,
pezzo per pezzo, si sono perse quelle tutele che i lavoratori faticosamente avevano
conquistato. Chi entra oggi (se ci entra) nel mondo del lavoro (che purtroppo alcuni
chiamano “mercato del lavoro”, volendo far apparire i lavoratori come merce) entra
in una vera e propria giungla, dove competizione e stress sono ai massimi
termini.
Una competizione
che porta direttamente al quesito del titolo.
Meglio il reddito di
cittadinanza o un lavoro senza diritti?
È evidente che il “non lavoro” non è
la soluzione. Ma
nemmeno un lavoro senza diritti lo è. Per questo ritengo che il Movimento 5 Stelle sia un abile venditore
di fumo. E che il Pd abbia commesso
un grave errore, contribuendo a far ridurre nel corso degli anni le tutele dei
lavoratori, e sia chiaro, non mi riferisco solo al Jobs Act di Renzi, ma anche alle precedenti normative (Fornero,
Treu).
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